martedì 2 dicembre 2014

Documento dottrinale

Tornato dal pellegrinaggio in India, nel mese di Kartika del 1991 (metà ottobre, metà novembre) ed aver visitato i Samadhi dei maestri spirituali della nostra tradizione Vaisnava, il mausoleo non ancora terminato del mio personale, cioè esclusivo, maestro spirituale, Srila Prabhupada alla cui memoria elevo i miei più devoti ed intimi omaggi, sotto la cui protezione personale mi posi, non appena lessi e studiai la Bagavad Gita, dò testimonianza della sua esclusiva benevolenza e protezione nei miei confronti. La mia comunicazione con lui è per via esoterica. Nei momenti più gravi, quando è massima la mia esposizione pubblica, volta a dare a questo tempo così disgraziato, un ordine e un grido di ravvedimento a non mal praticare, la Sua presenza si manifesta in un sogno-visione alle quattro di mattina, sempre nel giorno 29 di un mese. Non conosco affatto il motivo di questa modalità, né mi permetto di approfondire.
    Assolutamente paralizzato dal timore e dal rispetto, mi limito ad ascoltare e a scrivere ciò che mi comunica, in perfetto italiano. Cosicché prima di partire per il mio pellegrinaggio in India del 1991, il giorno 29 settembre di quell'anno, alle 4 antimeridiane, nel solito scenario, il retro di un palcoscenico di teatro, semifumoso e grigio, mi ordina di guardarmi ad uno specchio. Finito il sogno-visione, mi reco allo specchio del bagno guardandomi accuratamente da capo a piedi per vedere se notavo dei segni particolari che avrebbero potuto risolvere la mia curiosità e titubanza. Non notai nulla di strano o di straordinario. E questo interrogativo durò ben due anni. Fino a quel giorno avevo letto della sua opera, in 10 volumi, editi da Baktivedanta Book Trust, fino al libro ottavo e mi ripromettevo di studiare i due mancanti nei prossimi mesi. Andai in India e tornai, senza che mi succedesse alcunché. Il giorno 29 di maggio del 1993, terminai di leggere il decimo libro, l'ultimo, allora, edito; (l'undicesimo sarà terminato dai devoti in base alle sue istruzioni del tempo dopo).
     Verso la fine del libro decimo, a pagina 618, ultime quattro righe, c'è scritto da Lui: «Il segno Srivatsa è descritto nel Vaisnava-tosani come un ricciolo di fini peli gialli sulla parte superiore destra di Sri Visnù. Questo segno non si trova sui devoti comuni, ma è una caratteristica esclusiva di Visnù o di Krisna». Queste parole mi colpirono quasi con violenza. Mi precipitai nel bagno di casa mia quando la mia compagna di allora si era appena alzata per uscire, e mi guardai subito il petto molto attentamente, perché sul mio corpo non ho mai avuto molti peli e notai proprio quel particolare: un ciuffo di peli gialli scende dall'alto del mio petto, e si porta sul seno destro. Mi feci fare subito una fotografia dal mio fotografo ufficiale, Domenico di Mario dell'Aquila, perché testimoniasse l'evento*. Finalmente avevo scoperto l'arcano che avevo ricevuto in sogno-visione. Tutto questo viene pubblicato su questo sito, con foto e documenti, in data 2 dicembre del 2014 alle ore 12,20.

Da quel giorno non feci alcun vanto, né presunzione di alcunché, né di superiorità nei confronti di chicchessia, essendomi sempre astenuto dall'intervenire, nei templi Indù, nei convegni o congressi col piglio di essere un qualche protagonista di vita spirituale. Solo una volta, ufficialmente, partecipai ad un congresso indù a Milano, all'Hotel "Le stelline", dove parlai, e il mio intervento fu registrato e pubblicato in CD, a motivo della deteriorata situazione morale di questo Paese. Posso dire che il mio discorso fu molto apprezzato dai presenti, e qualcuno lo disse apertamente; questo mi fu di molto gradimento ed incoraggiamento. Molti anni prima, per la precisione nel 1967, cominciai a vergare, quasi sotto dettatura, uno dei miei libri più amati, odiati ed osteggiati della mia vita: Il Pilastro, che molti anni dopo, 18 per la precisione, io dedicai, personalmente, al mio maestro Prabhupada, che cominciava ad agire in Italia, a Roma, coi primi suoi devoti, ma che a me era stato precluso di conoscere, in quanto ero sposato ed avevo, nel 1969, il mio primo figlio Emiliano. Questo libro, dettatomi dall'Entità, che io "sentivo" ma che non conoscevo ancora, è senz'altro, e non a detta mia ma dalle centinaia di persone che l'hanno letto in tutta Italia, uno dei libri "mistici" o di legge morale, più significativi di tutto il secolo XX. Anzi, qualcuno, e potrei anche fare nome e cognome, ha detto di questo libro, che sia quello più profetico e poetico che io abbia mai scritto, né che potrò mai scrivere. Questo, sinceramente, non può farmi piacere. Vorrebbe dire che dovrei smettere di scrivere o di non considerare gli altri miei "figli" cioè libri che tanto mi hanno fatto conoscere ed amare. Ognuno scelga quello che considera il "migliore"; per me nascono tutti dal mio cuore di padre. Chi lo ha osteggiato o continua a osteggiarlo, lo paragona addirittura ad un barbarico "Mein kampf" fuori stagione. Lo considera "violento", assolutista, senza misericordia, arrogante, ed altro, ma quel qualcuno non vuol capire che quei dettami non sono affatto miei, personali. Nascono da seimila anni di storia spirituale, dai Veda, dal Vedanta, da Prabhupada ed altro. Non c'è dentro un solo concetto di mio. L'espressione letteraria, è uscita da sola, dettatami da quell'Entità, a cui ognuno può dare un nome e un volto. Io mi rifiuto di farlo. Non tocca a me pronunciare un nome o un concetto. "Qualcuno" mi detta, io scrivo. Una persona intelligente, perbene, educata, lungimirante, non condanna o esalta, ma cerca di "capire" il come e il perché di quegli insegnamenti. Alla fine li capirà.
Detrattori ed entusiasti, leggete "Il Pilastro", ma soprattutto "meditatelo". Dopo decenni, io stesso, qua e là, ne rimango smarrito e cerco la ragione di certi assunti.
    Per ciò che riguarda il libro faccio riferimento al volume "La buccina e il mare”, un tempo conosciuto come "Conchiglie". A pag. 69, la poesia "Il cognome", con note a pag. 97, spiega come io abbia scoperto che il mio cognome: PAMPANA, è nientedimeno che l'anagramma del nome PADMAPANI (di Pampana)! Attribuito all'eterno Bodhishastva Avalokitesvara, nominato in Giappone come la dea Kwannon e in Cina la dea Kuan Yin. Il nome di un occidentale dentro un nome sanscrito sotto forma di anagramma, è incredibile! Eppure è vero. Nel 1988 conobbi quella che fu mia compagna. Per assicurarmi che la sua presenza avesse per me un significato spirituale ed esoterico le chiesi il suo nome e cognome che era ANNALAURA RISDONNE. Sciogliendo come anagramma vi risultarono tre nomi inerenti alla filosofia e religione Vedica e cioè INDRA - NARAIANA - RADARANI. Era sbalorditiva la coincidenza di questo fatto. Non faccio commenti di nessun tipo né speculazione e lascio ad altri le considerazioni in merito.


martedì 6 maggio 2014

Disposizione testamentaria

L'autore, Paolo Pampana, detto Paulo Varo, annuncia di aver dato disposizione perché al momento della sua dipartita da questo mondo tutti i suoi manoscritti, codici od altro, di sua pertinenza, in senso biografico, compilato a mano, siano donati alla Biblioteca Nazionale di Firenze, che possiede la maggior parte dei suoi libri. Ciò a tutela della sua futura memoria. Dovrà essere possibile consultarli ma non potranno in alcun modo essere fotografati.